Richiamati i criteri che presidiano le valutazioni, a carattere discrezionale, per il conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi ai magistrati ordinari, il TAR Lazio chiarisce che sulla questione dell’incompatibilità sussiste un preciso onere di dichiarazione, da parte del magistrato, e di motivazione da parte del CSM, non integrabile in giudizio.
Ad avviso del TAR, poi, l’accertamento di una violazione disciplinare non è necessariamente indice di demerito e non fa venir meno l’onere motivazionale, incidendo piuttosto sul substrato comune ad ogni valutazione e attenendo al mancato rispetto di regole comportamentali che possono (ma non devono) minare l’indipendenza e il prestigio dell’ordine, così come percepiti all’esterno. In conclusione il Collegio ha disposto che il Plenum del CSM rivaluti i due profili in competizione, accertando preventivamente che la situazione di possibile incompatibilità di sede sia stata ritualmente dichiarata, dandone conto in motivazione unitamente a tutte le altre ragioni della scelta.
TAR Lazio, Roma, Sez. I, 19.4.2021 n. 4544.